Desirée Piovanelli

28.09.2002

Desirée e il Branco di Leno

Il caso Piovanelli, Leno (BS)

PROFILO DELLA VITTIMA 

Desirée Piovanelli, 14 anni, secondogenita di quattro figli, frequenta il primo anno al Liceo Scientifico. Riesce abbastanza bene a scuola. Qualche infatuazione che le fa riscuotere apprezzamento tra i ragazzi del vicinato.  

PROFILO FAMILIARE

Il padre di Desirée è un piccolo artigiano della zona che ripara tetti e finestre nei paesi vicini, la madre è casalinga e accudisce i quattro figli. La famiglia Piovanelli vive in una piccola villetta a schiera. Desirée ha tre fratelli: Ivano, di 16 anni, Michela di 9 e Sharon di 3. 

RICOSTRUZIONE CRONOLOGICA DEI FATTI 

LENO (BS), SABATO 28/09/2002 

  • ORE 19:00: i genitori si recano presso la Stazione Carabinieri di Leno perché non hanno tracce della figlia: Desirée Piovanelli da due ore è scomparsa. Non rientra all'ora prevista. Ha detto che andava da una amica. Il carabiniere consiglia ai genitori di tranquillizzarsi, che basterà aspettare qualche ora e Desirée tornerà. I genitori non accettano tuttavia il consiglio. 
  • ORE 23:20:dopo tre ore, la denuncia viene formalizzata. Desirée è ufficialmente PERSONA SCOMPARSA.

RICOSTRUZIONE DEL GIORNO DELLA SCOMPARSA 

Ore 12:30: Desirée rientra da scuola e pranza con la famiglia.

Ore 13:30: sale in camera e fa i compiti.

Ore 14:30: scende in soggiorno a guardare un po' di tv.

Ore 15:00: è pronta per uscire. Riferisce alla madre di voler andare da un'amica a studiare, come è solita fare ogni fine settimana.
Ore 17:30: la mamma Mariagrazia chiama sul cellulare della figlia, che risulta però irraggiungibile.
Dopo essere uscita dalla villetta di famiglia nessuno l'ha più vista.
Autopattuglie di Carabinieri, unità cinofile e volanti della Polizia si muovono alla ricerca della ragazza.

DOMENICA 29/09/2002
Ore 08:46: Arriva un messaggio al cellulare del fratello Ivano: "SO CHE MI STATE CERCANDO, MA NON VI DOVETE PREOCCUPARE IO STO BENE E SONO CON TONY, NON TORNO A CASA VOGLIO STARE CON LUI. Desirée"

Il numero del mittente non è però quello di Desirée.

Desirée aveva una simpatia per un ragazzo di Cremona.

24 ORE DOPO LA SCOMPARSA nessuno crede che Desirée si sia allontana per sua volontà. Si sospetta che qualcuno l'abbia rapita.

02/09/2002: nessuna traccia della ragazza, si esclude l'ipotesi di un rapimento a scopo di estorsione. Il padre lancia un appello in televisione al rapitore: "Fatti un esame di coscienza se hai cervello, perché stai facendo soffrire moltissimo mia figlia e tutti noi, stai facendo una cosa molto malvagia, fatti questo esame di coscienza. Molla Desirée."

PER 2 GIORNI si fanno ricerche a tappeto della ragazza, ma non si ha ancora nulla. Vengono battute tutte le campagne e i corsi d'acqua. Molte telefonate arrivano per avvistamenti dal Sud d'Italia, ma sono tutte false piste. Iniziano anche a circolare notizie false a Leno. Malelingue dicono di tenere d'occhio il papà "che è un uomo strano". Il padre si trova nell'occhio del ciclone come possibile sospettato perché la famiglia appartiene ai Testimoni di Geova.
L'unica pista concreta è l'SMS ricevuto dal fratello Ivano. Dall'analisi dei tabulati telefonici emerge che il messaggio proveniva da una cabina telefonica di Leno, abilitata ad inviare SMS mediante utilizzo di schede telefoniche prepagate. Qualcuno ha inviato il messaggio da Via Ermengarda, a soli 300 metri dalla casa dei Piovanelli.
La tessera prepagata si accertò essere stata dichiarata smarrita dalla proprietaria mentre si trovava a Jesolo. La signora, residente a Trieste, dice di averla smarrita a Lido di Jesolo il 22 Agosto 2002, per la precisione al Camping Waikiki.

Bisogna dunque cercare qualcuno che fosse a Jesolo il 22 Agosto 2002 e successivamente il 29 Settembre alla cabina telefonica di Leno.
Nel pomeriggio del 3 Ottobre gli inquirenti individuano un nome: NICOLA, un vicino di casa dei Piovanelli, muratore 16enne. Nicola aveva accompagnato i genitori a Jesolo nelle vacanze estive.

Svolta fondamentale delle indagini.

DOMANDA: Nicola sa qualcosa di Desirée o è solo un ragazzino che si è divertito a inviare finti messaggi?

Non è un bel tipo Nicola: è un ragazzo difficile dal temperamento burrascoso, un bulletto, innamorato delle scarpe firmate, dei giubbotti di pelle di marca, delle sigarette e del whiskey al bar, e fanatico della Playstation.

Nicola viene convocato in caserma.

03/10/2002: Nel tardo pomeriggio viene interrogato Nicola.
Davanti al magistrato Silvia Morardi, il ragazzo nega ogni possibile coinvolgimento personale nella vicenda. Dichiara tuttavia di aver inviato il messaggio a Ivano, ma per scherzo e senza motivo.
A metà della notte Nicola viene lasciato con il padre in una stanza con microfoni ambientali.
A suo padre racconta una parte della sua verità. E, successivamente, in preda a uno scatto nervoso dichiara al padre di aver ucciso Desirée.
Quando l'interrogatorio verso le ore 01:00 riprende, il ragazzo capisce che la recita è finita e ammette al magistrato la sua colpa. Lui e "Desi" si erano incontrati quel sabato pomeriggio in un posto isolato. Dice che la ragazza lo ha preso in giro e che hanno litigato e la ragazza a un certo punto ha tirato fuori un coltello e ha cercato di colpirlo. Lui per difendersi ha dovuto ucciderla.

All'alba del 4/10/2002: Nicola porta il magistrato e i Carabinieri da Desirée: il cadavere si trova presso la cascina Ermengarda, a circa 200 metri dall'abitazione in cui la vittima viveva.
La cascina Ermengarda è abbandonata e diroccata e si trova poco fuori il centro di Leno.


RITROVAMENTO DEL CORPO


Al primo piano della cascina, dentro una stanza con la porta aperta, viene ritrovato il corpo seminudo e gettato a terra della ragazza. Sia per terra, sia sui muri che sulle scale è presente il sangue della vittima. Vi sono evidenti e numerosi segni di forte resistenza all'aggressione: varie escoriazioni e almeno quattro profondi tagli inflitti con un coltello.


Il Procuratore di Brescia, a tale proposito, afferma: "Mi stupisco di come una violenza disumana possa essere presente tra i giovani."

Ma soprattutto, perché tanta violenza per una cosiddetta legittima difesa?
Sulla scena del crimine emergono i segni del trascinamento della ragazza e ovunque sono disseminate fascette autobloccanti, molto probabilmente per immobilizzarla.
Nicola ammette di aver portato personalmente il coltello, da lui comprato poche ore prima dell'omicidio al supermercato di Leno.
Il ragazzo accompagna gli inquirenti presso un'altra cascina che dista due chilometri circa dal luogo del delitto, dove fu rinvenuto del materiale che si confermò essere appartenuto a Desirée, e il coltello usato per ucciderla.

04/10/2002:

Ore 09:14: ANSA batte la notizia, che in pochi minuti diventa virale. Sui cellulari dei ragazzi della scuola circolano messaggi come "Desi è morta, l'ha ammazzata quello sfigato di Nicola."
Si sospetta il crimine passionale. Ci si chiede se Desirée fosse una ragazza facile. Viene pubblicato un messaggio trovato sul diario personale della ragazza: "Fare attenzione a Nicola, da non frequentare" per smentire queste false ingiurie.

Gli inquirenti continuano a interrogare Nicola.
La sera del 4 Ottobre, poche ore dopo il ritrovamento dell'arma del delitto, Nicola fa un nome: MATTIA. C'era anche lui alla cascina Ermengarda.

Mattia ha 14 anni da poco. Davanti agli inquirenti farfuglia loro a fatica di non essere implicato nei fatti. Ma il magistrato capisce che sta nascondendo qualcosa.

Poco dopo il ragazzo crolla e dice tutto. Ammette di essere stato presente all'omicidio.

"Dopo le ore 16:00, finita la partita, con il mio motorino sono andato alla cascina. Quando sono arrivato sono entrato dal retro, sono salito per le scale e già lì ho potuto vedere poche tracce di sangue. Mi sembrava di ricordare che le scale fossero di legno e per terra c'erano delle gocce di sangue, sono salito su e ho visto Desirée, che aveva ematomi al volto e insieme a lei c'era Nicola. E Nico, quest'ultimo, le tappava la bocca con la mano per non farla urlare. Mi sono spaventato perché Nicola mi ha guardato con fare minaccioso che ho inteso: «Se provi a difenderla ti sistemo io, stanne fuori.» Aveva in mano il coltello che mi sembrava già macchiato di sangue, ma non ne sono sicuro. Come ho già detto Nico le tappava la bocca e la tratteneva per un braccio. A quel punto io l'ho presa per l'altro braccio e Desirée tentava di dire qualcosa a Nicola, tipo: «Mi fai schifo, mi fai pena». Nicola a quel punto si è arrabbiato e le ha detto: «Adesso ti faccio far silenzio io.» colpendola e nello specifico sferrandole un colpo al costato sinistro. A quel punto Desirée è riuscita a liberarsi perché abbiamo mollato la presa. È scappata per le scale, l'abbiamo rincorsa ed io e Nicola l'abbiamo ripresa. In quel momento io avevo paura di Nicola, perché mi guardava col coltello in mano..."

MOVENTE: Gli inquirenti individuano come movente il desiderio di violentare sessualmente la vittima.

Il racconto di Mattia però parte dalla sera di Giovedì 26 Settembre, due giorni prima dell'omicidio.
Nicola, Mattia e Nico stavano chiacchierando in via Romagna come al solito.

Mattia dichiara: "Si parlava di Desirée e ricordo di aver udito da Nico questa frase: «Io me la voglio scopare, sono disposto anche a violentarla.» Preciso che questo tipo di frasi le diceva anche Nicola in passato, ma non ricordo se le avesse dette anche quel giorno. [...] Quando sono arrivato e sono salito all'interno della cascina ho potuto notare che c'era uno più grande nella stanza adiacente a quella dove si trovavano Desirée con Nicola e Nico, i quali la stavano palpeggiando nel tentativo di spogliarla. Erano già state levate le scarpe, che sono state buttate su una specie di soppalco esistente in quella stanza, aveva evidenti segni sul volto come ematomi e perdeva sangue dal naso. Anch'io ho iniziato a trattenere Desirée perché, come ho messo piede nella stanza, Nico con un cenno del capo e degli occhi mi indicò di aiutarli a trattenere Desirée. Io e Nicola la trattenevamo per le braccia mentre Nico si spogliava del giubbotto e si avvicinava a Desirée eccitandosi, e quando iniziava di nuovo a toccarla Desirée reagiva dicendogli: «Mi fai schifo,mi fai pena...».
Si ipotizza che la notizia che Desirée avesse un fidanzatino avesse infastidito il gruppetto di ragazzi. L'obiettivo degli aggressori era quella di usare violenza sessuale su Desirée.

Secondo l'analisi del giornalista Roberto Bianchin: "L'uomo a 16 anni inizia a pensare che esistono le pulsioni del sesso e che le donne anche se non si concedono si possono prendere"

Quel giovedì Mattia dice che Nicola propose un piano per portare la ragazza in cascina Ermengarda e abusare di lei. Due giorni dopo, nel pomeriggio del 28 Settembre, i ragazzi sono pronti: hanno acquistato il coltello e del materiale atto a legare la ragazza.

Visti i dubbi sulla completa veridicità del racconto di Mattia, ulteriori indagini sono rivolte al terzo ragazzo: NICO.

Nico, 15 anni, è un amico di quartiere.
Sempre secondo Bianchin, Nico è più duro dei ragazzi perché, se Nicola era più intimo con Desirée (amico di infanzia della ragazza) e Mattia un gregario che si portano appresso per avere materialmente una mano in più, Nico non parlerà mai essendo il più duro caratterialmente.

Cesare Gualazzini, legale della famiglia Piovanelli, lo descrive così: "Atteggiamento da duro precoce che lasciava veramente perplessi."

09/10/2002: il Giudice per le Indagini Preliminari convalida le richieste di custodia cautelare.

MOVENTE: cambia da delitto passionale a delitto di branco e violenza di gruppo.

Condanna a 15 anni di reclusione per omicidio volontario premeditato con l'aggravante dei futili motivi. Nicola e Mattia hanno ammesso la loro colpevolezza, mentre Nico continua a negare ogni cosa.

Secondo il giornalista Bianchin, che ha incontrato i ragazzi, essi "erano minuti e risultava difficile pensare che questa mostruosità abiti in ragazzini all'apparenza normalissimi".

Dopo gli arresti, si aggiunge un indizio al puzzle delle indagini.
A parlare è sempre il più giovane, Mattia:
"Confermo anche che Giovedì 26 Ottobre 2002 mi trovavo in via Romagna con Nicola e Nico e ad un certo punto è arrivato anche Giovanni. Si parlava di Desirée. In realtà io non sentivo molto perché continuavo a girare intorno ai tre a bordo del mio motorino. Ricordo però che i tre parlavano di Desirée e di aver udito da Giovanni dire questa frase [...]".

"Quello è uno che non scherza. Quando avevano scoperto il cadavere di Desirée, quello aveva minacciato anche Nico, oltre a me, di non dire niente. [...] erano fuori a mangiare la pizza e così anche Giovanni continuava a dirmi che non voleva tornare a casa perché era da solo. Entrambi eravamo terrorizzati sapendo che Giovanni era sempre ubriaco la sera, e che era violento, tanto da aver accoltellato una persona pochi mesi prima durante la Festa della Birra; e perché sapevamo possedeva una pistola."

4° SOSPETTATO: GIOVANNI ERRA

Ha 36 anni, lavora in fonderia, ha una moglie e un figlio di 8 anni.

Anche Nicola conferma che Erra era con loro il giorno dell'omicidio. Gli inquirenti indagano sui possibili legami tra l'operaio della fonderia e i tre ragazzi.

Bianchin sostiene che "Erra era un po' il fratello più grande di quei ragazzi di strada. Aveva tempo per giocare con loro, [...] per raccontare loro storie, per fargli vedere loro come era il mondo delle donne e della notte, che lui conosceva e che questi ragazzi volevano conoscere."

Dal racconto di Nicola, Erra si spinge anche oltre per stupirli, sfidandoli sul loro campo:
"...non ho mai detto all'Erra che Desirée frequentava un ragazzo di Gottolengo. Voglio precisare piuttosto che l'Erra in alcune occasioni si è vantato con me e con i miei amici, Mattia, Nico e Nicola, di essere oggetto di attenzioni da parte di Desirée. Precisava tra l'altro che in alcune occasioni la ragazza era andata a casa sua e che lei gli aveva messo le mani addosso."


SERA 12/10/2002: INTERROGATORIO DI ERRA


Dall'interrogatorio emerge che l'uomo è immaturo, che parla un italiano dialettale, beve molto e fa uso di cocaina appena può.
La sua età mentale sembra ferma a quella di un adolescente.
Gianfranco Abate, avvocato di Giovanni Erra, afferma: "Il rapporto di Erra con questi ragazzini era di pariteticità. In qualche parte della sua personalità c'era questa esigenza, probabilmente, di essere ancora ragazzino".

Il PM chiede all'uomo il tipo di rapporto che aveva con Desirée. Era un bluff di Erra, il quale nega di aver preso parte all'omicidio.
Il 9/10/2002 Erra confessa che il giorno dopo la scomparsa di Desirée era andato alla cascina, ma che era arrivato là ad omicidio compiuto e che, spaventato, era tornato a casa sua a ubriacarsi.

Perché non aveva chiamato i Carabinieri?

Dice di aver avuto paura di parlare.
Viene arrestato l'11/10/2002 con l'accusa di concorso in omicidio aggravato dai futili motivi e premeditato.

La moglie di Giovanni Erra cerca di difendere il marito in tutti i modi:
"Ve lo dico io come sono andate le cose: Giovanni era a casa fino alle cinque, io sono andata via alle cinque e mezzo, ed era qua con me. Sono sicurissima che è estraneo a questa cosa e che cercavano un capro espiatorio a cui addossare tutte queste colpe."

Galazzini, avvocato di Erra, difende il suo alibi: lui dormiva perché tornato stanco dal lavoro.

Viene fatta un'intercettazione ambientale in macchina, nella quale emerge che la moglie non era tanto sicura di quanto invece affermato, tant'è vero che gli contesta il perché fosse uscito e cosa avesse fatto.

IPOTESI: Erra è stato semplicemente l'istigatore?

A questo punto, è la parola di Erra contro quella di Mattia e Nicola.
Ambedue i ragazzi testimoniano contro Erra, il quale era presente con il suo difensore e chiede al GIP di voler contestare quello che i minori affermano di lui.
Galazzini, legale difensore di Erra, dichiara:
"Erra disse in quella sede che era un appassionato collezionista di coltelli. Il GIP gli chiede dove fossero i coltelli e Giovanni disse di essersene liberato: uno o due li aveva regalati e uno lo aveva gettato nel cassonetto di fronte a casa sua. La spiegazione del timore di aver gettato il coltello nel cassonetto era che gli venisse addebitata qualche responsabilità sulla morte di Desirée."

Si ingannò da solo, perché dimostro di aver avuto timore che il suo coltello fosse implicato. Lui non poteva tuttavia sapere del coltello dal momento che si credeva Desirée fosse in giro per i fatti suoi. A quel punto Giovanni Erra crolla e si mette a piangere.
L'uomo ammette di aver visto tutto ma di non aver fatto niente personalmente.

Secondo la sua ricostruzione dei fatti, alle 15:30 quel sabato arrivò alla cascina Ermengarda, poiché qualche sera prima aveva sentito i ragazzi organizzare lo stupro. Disse di essersi avvicinato per capire meglio quello che stava succedendo.

Dice di aver visto Nicola sopra Desirée e Nico e Mattia che la tenevano immobilizzata per le braccia. Secondo Erra è stato un insulto di Desirée a Nicola a provocare la prima coltellata del ragazzo. Erra, davanti quella scena, dice non aver capito più niente e di essere scappato a casa.

Poi avviene l'ennesima rettifica al racconto: Erra ritratta di essere stato nella cascina e afferma di essere stato suggestionato.

Emergono profondi dubbi sulla dinamica dell'omicidio: su chi avesse fatto cosa, chi avesse sferrato i colpi, chi avesse trattenuto la ragazza e in quale parte della casa fosse accaduto cosa.

L'allora Colonnello Luciano Garofano, Comandante del RIS di Parma, viene interpellato per mettere in ordine i fatti:

Per il Col. Garofano era importante stabilire se era un omicidio del cosiddetto "Branco": stabilire quindi se l'omicidio fosse avvenuto soltanto per mano di uno o fosse stato un accordo di condivisione dell'aggressione a Desirée Piovanelli.

Bisogna aspettare le analisi del Reparto Investigazioni Scientifiche dell'Arma.

BRESCIA, GENNAIO 2003: Tre mesi dopo l'omicidio della Piovanelli, il Col. Garofano deposita alla Procura i risultati dei rilievi condotti sulla scena del crimine. Il RIS ha usato una tecnica molto sofisticata che ricostruisce la dinamica dell'omicidio attraverso la distribuzione del sangue. Incrociando i riscontri scientifici e le dichiarazioni dei sospettati si ricostruisce la scena.

  • Prima scena: giovedì i 4 implicati si incontrano e premeditano la violenza. Desirée con i ragazzi sarà accondiscendente.
  • Seconda scena: sabato, Nicola, con la scusa di mostrare a Desirée una cucciolata di gattini, attira la ragazza nella cascina Ermengarda. La porta al secondo piano, dove ci sarebbero dovuti essere i gattini, e invece ci sono Nico e Mattia con in mano delle corde, con le quali la ragazza viene subito aggredita e legata.
    Passa un bel po' di tempo e non si sa che cosa succede, ma il momento emblematico arriva quando sono presenti tutti e quattro i sospettati. Desirée viene offesa, umiliata e picchiata. La ragazza ha una reazione e dice a Nicola la frase: "Mi fai schifo", che scatena la prima coltellata, inferta appunto da Nicola. Il colpo scivola sull'addome. I due che la bloccavano, Mattia e Nico, mollano la presa e la ragazza scappa. Viene fermata da Giovanni Erra e da uno dei ragazzi. Nicola la colpisce di nuovo alla schiena due volte non appena Erra la trattiene. Segue una manata di sangue sulla scala. Le tracce ematiche sul davanzale della finestra nei pressi della scala svelano come la ragazza abbia tentato di salvarsi buttandosi nel vuoto dalla finestra. A questo punto le vengono inferti altri due colpi mortali, l'ultimo dei quali al collo. Un'inutile violenza poiché così facendo si uccideva una persona che era quasi già morta.

I PROCESSI

19/03/2003: Convocazione presso il Tribunale dei Minori a Brescia.

09/04/2003: Lettura della sentenza. Vengono condannati i minori coinvolti: 

- a 20 anni Nicola, ritenuto il responsabile materiale dell'omicidio; 

- a 18 anni Nico, che si è sempre dichiarato innocente; 

- a 10 anni Mattia, che con il suo racconto ha dato la possibilità di ricostruire la vicenda, fino a implicare Giovanni Erra che sarà processato nel Giugno 2003.

20/10/2003: In Corte d'Appello i ragazzi ottengono una lieve diminuzione della pena.

I ragazzi non mostrano pentimenti o sconvolgimenti psicologici, mentre Giovanni Erra assume comportamenti di pentimento e si dimostra emotivamente distrutto.

17/06/2003: Erra viene condannato con il massimo della pena. Condanna all'ergastolo per essere stato l'istigatore e avere di fatto condotto l'omicidio.

2004: Il processo in Appello lo porta a una riduzione clamorosa della pena: dall'ergastolo a 20 anni di reclusione.

Il padre di Desirée Piovanelli dice di essere profondamente deluso dalla giustizia italiana.

La Corte d'Appello aveva dato alla presenza di Erra non più la forma di istigatore, poiché non appariva di carattere forte, ma piuttosto credeva fosse stato "una presenza marginale, che non aveva aizzato ma solo assistito all'omicidio."

In Corte di Cassazione, il Procuratore Francesco Nuzzo presenta un ricorso a quella pena, ritenendo che non avesse dato peso sufficiente al fatto che l'omicidio fosse stato commesso durante una violenza sessuale. Il Tribunale Supremo accetta il ricorso e rimanda Erra a processo.

NOVEMBRE 2005: La corte d'Assise di Milano condanna Erra a 30 anni di reclusione. 


Punti di Domanda: i quesiti aperti

- Chi del branco ha ucciso veramente Desirée?

- Che rapporto c'era tra la vittima e i tre ragazzi?

- Desirée conosceva Erra? In che modo?

- Perché Nico non confessò mai?

- Quale fu il reale ruolo di Erra nella vicenda?

- Cosa fece Desirée appena uscì di casa? Come mai, tra gli oggetti portati via dalla scena del crimine da Nicola, oltre al coltello, nella stessa busta sono stati rinvenuti anche la cover del cellulare della ragazza e il suo giubbino?

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